Internazionalizzazione e gli incentivi per le imprese. Oltre al sostegno dell’occupazione e alla proroga dei crediti d’imposta per la partecipazione a fiere nazionali ed internazionali, il piano del rilancio dell’Export e dell’Internazionalizzazione prevede nuovi Incentivi e Agevolazioni.
Il Decreto Cura Italia ha messo a disposizione 150 milioni di euro per il 2020 per la Promozione Export e l’Internazionalizzazione del Made in Italy volto a supportare tutte le imprese messe a dura prova dal COVID-19
Tra i 25 miliardi di incentivi e agevolazioni stanziati dal governo, sono infatti presenti anche una serie di misure per sostenere l’internazionalizzazione delle imprese e favorire l’export.
Ma esattamente quali sono le misure che verranno utilizzate?
Table of Contents
ToggleInternazionalizzazione e gli incentivi per le imprese: convenzioni a livello internazionale per nuove iniziative
Si tratta di cofinanziamenti che saranno concessi nel rispetto della normativa europea sul “de minimis”:
Cofinanziamenti a fondo perduto fino al 50% dei finanziamenti concessi dal Fondo per le imprese esportatrici del Mediocredito centrale (articolo 2, primo comma, dl 251/1981), secondo criteri e modalità stabiliti con una o più delibere del Comitato agevolazioni istituito con la manovra 2018.
I cofinanziamenti sono concessi nei limiti e alle condizioni previsti dalla vigente normativa europea in materia di aiuti di Stato di importanza minore.
Internazionalizzazione Italiana: convenzioni per lo sviluppo dell’impresa
Sempre fino al 31 dicembre 2020, il ministero degli Esteri e ICE-Agenzia italiana per l’internazionalizzazione delle imprese e per l’attrazione degli investimenti possono avvalersi, con modalità definite mediante convenzione, e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa Spa – Invitalia.
Made in Italy: incentivi e agevolazioni per il suo rilancio
Le iniziative speciali messe in piedi con il Decreto Cura Italia a supporto del Made in Italy, dell’export e della internazionalizzazione delle imprese vanno ad integrare e completare tutto il set di incentivi e agevolazioni già presenti.
Il Piano Straordinario per il Made In Italia (Decreto Legge 133/2014 art.30) prevede numerose agevolazioni:
- iniziative di informazione e formazione in merito all’export e all’internazionalizzazione;
- manifestazioni fieristiche;
- iniziative di valorizzazione delle eccellenza;
- tutela dei marchi, delle certificazioni di qualità e origine dei prodotti agroalimentari;
- distribuzione, e-commerce per le piccole e medie imprese;
- iniziative per lo startup di micro, piccole e medie imprese.
Internazionalizzazione e gli incentivi per le imprese. Il voucher del Mise: cos’è e come funziona?
Si tratta di un contributo a fondo perduto, un sostegno economico a copertura dei servizi erogati almeno per 6 mesi a tutte quelle micro, piccole e medie imprese che vogliono guardare al mercato oltre confine.
E intendono farlo attraverso una figura specializzata, ovvero il Temporary Export Manager o TEM.
Costui è capace di studiare, progettare e gestire i processi e i programmi sui mercati esteri. In questo modo il Mise ha voluto attuare una strategia per facilitare l’internazionalizzazione delle imprese.
Come funziona? Le Pmi inviano una domanda al Mise. Per accedere è richiesto un cofinanziamento che per il primo bando è almeno di 3.000 euro.
Se poi la domanda viene accettata, l’impresa deve rivolgersi ad una società fornitrice dei servizi.
Internazionalizzazione e incentivi imprese: chi può beneficiare del Voucher internazionalizzazione?
L’internazionalizzazione e gli incentivi per le imprese sono una spinta fondamentale per stimolare nuovamente l’economia sotto l’aspetto dell’import-export e soprattutto per il rilancio delle imprese italiane all’estero.
Ma andiamo a vedere nello specifico chi può beneficiare del Voucher internazionalizzazione.
Le Pmi, piccole e medie imprese costituite in forma di società di capitali, anche in forma cooperativa.
Così anche le Reti di imprese, tra pmi che abbiano conseguito un fatturato minimo di 500.000 euro in almeno uno degli esercizi nell’ultimo triennio. Tale vincolo non c’è in caso di start up iscritte nella sezione speciale del Registro delle Imprese.
Non possono beneficiare al bando voucher Internazionalizzazione del Mise le imprese individuali, le società di persone e società di professionisti, solo se non hanno come forma giuridica quella di società capitali o di cooperativa.
Internazionalizzazione e incentivi imprese: il contributo recesso
Si tratta di singoli voucher di 10.000 euro per l’inserimento in azienda di un temporary export manager per almeno dei mesi.
Per avere accesso al voucher d’internazionalizzazione, l’impresa deve intervenire con un cofinanziamento che, per il primo bando è di almeno 3.000 euro.
Vale a dire che il costo complessivo sostenuto dall’impresa per il servizio deve essere di almeno 13.000 euro.
L’azienda deve rivolgersi ad una società fornitrice dei servizi scegliendola tra quelle dell’elenco del Mise.
I soggetti che possono beneficiare dei finanziamenti internazionalizzazione attraverso i voucher di 10.000 euro per l’inserimento in azienda di un Tem per almeno sei mesi.
A fronte di una quota di cofinanziamento da parte dell’impresa di almeno 3.000 euro ed il secondo. Voucher da 10.000 euro per chi presenta per la prima volta la domanda.
Voucher da 8.000 euro per una quota di cofinanziamento da parte dell’impresa beneficiaria di almeno 5.000 euro sono diverse.
Si tratta di, micro, piccole e medie imprese costituite in forma di società capitali anche in forma cooperativa: con i voucher si facilita l’internazionalizzazione aziende.
Internazionalizzazione imprese e Covid 19: crescere e ripartire
La cosiddetta “Fase 2”, non porterà certamente a un ritorno istantaneo alla vitalità economica del periodo pre-crisi.
Al contrario, le indiscrezioni sulle future norme di distanziamento sociale lasciano presagire con sempre maggior insistenza l’ipotesi di una stentata ripresa dei consumi interni.
Le PMI, indipendentemente dalla loro solidità e fatte salve quelle impiegate nei settori non investiti dall’emergenza COVID (alimentare, medicale e farmaceutico, tecnologico e comunicazioni), non potranno fare affidamento sulle dinamiche del mercato interno.
Che cosa fare, quindi?
L’internazionalizzazione può rappresentare, in prospettiva, la linfa della ripresa per le PMI.
Prima di questa emergenza, il nostro export valeva 460 miliardi di euro (dati CRIBIS Export), circa un quinto del nostro PIL.
Auspicando una graduale e settoriale ripresa del commercio internazionale, i mercati esteri torneranno a essere i terminali di sbocco verso i quali reindirizzare i prodotti italiani.
In fin dei conti, l’attrattività del Made in Italy è da sempre il motore delle nostre esportazioni. In un momento in cui i consumi interni saranno in fase di sofferenza e di lento recupero, la via dell’internazionalizzazione diviene ancora più valida.
Abbiamo osservato come il combinato disposto di blocco totale delle attività e incremento indotto dalle tecnologie informatiche e di telecomunicazione abbia prodotto e stia producendo in Italia una sorta di “digitalizzazione a tappe forzate”.
Allo stesso modo, la paralisi del mercato interno e la forza delle nostre esportazioni possono rafforzare la “cultura dell’internazionalizzazione” delle PMI. Di necessità, virtù.
Il ragionamento è valido non solo per le aziende che già esportano ma anche, anzi soprattutto per quelle che detengono un potenziale per affacciarsi ai mercati esteri.
Oltre 2 milioni di aziende detengono un potenziale per fare export, ma appena 220 mila seguono la via dell’internazionalizzazione (dati CRIBIS Export).
Il punto di partenza post fase 2 potrebbe essere, ad esempio, una sana attività di business intelligence volta a raccogliere dati e analizzare informazioni strategiche.
Il più delle volte open source o facilmente reperibili.
Innanzitutto, è necessaria un po’ di autoanalisi: Quali sono i punti di forza e di debolezza della mia azienda? Qual è il miglior Paese per esportare il mio prodotto? Sono in grado di gestire il rischio commerciale e di credito? Conosco la legislazione del mercato che andrò ad aggredire? Tutte domande, queste, a cui è possibile rispondere in modo autonomo e senza costi.
Successivamente, si può procedere con la profilazione del bacino di clienti e dei potenziali distributori. Per esempio: Qual è la struttura societaria del distributore? Conosce a fondo il mercato locale? E’ dotato di un buon management?
Rispondendo a queste domande si potrebbe ricavarne la capacità produttiva e l’affidabilità finanziaria.
Tutto questo è molto più di una semplice ricerca di mercato, che molto spesso si rivela poco utile. È un’indagine pragmatica fortemente ancorata alle peculiarità e alle possibilità della propria azienda.
Sono al vaglio modalità di finanziamento da parte delle istituzioni e destinate all’export, le quali si auspica possano fornire un aiuto concreto alle PMI.
Con il “Decreto Liquidità” del governo, ad esempio, sono stati stanziati 200 miliardi a supporto dell’export.
SACE SIMEST (controllate di Cassa Depositi e Prestiti) e Unicredit hanno stanziato un plafond da 1 miliardo per sostenere le imprese italiane.
Offrendo finanziamenti a breve termine (erogati da Unicredit e garantiti da SACE), a favore delle aziende clienti della banca per far fronte alle esigenze di capitale circolante.
Sono stati previsti 4 miliardi aggiuntivi per sostenere il capitale circolante, rilanciare le esportazioni e diversificare i mercati di riferimento.
Anche Regione Lombardia ha messo a disposizione il Fondo Made in Italy, con il quale si ripartiscono risorse per la promozione integrata presso il MAECI.
Chiudono il cerchio accorgimenti operativi che possono facilitare il processo, come ad esempio reclutare personale che parli la lingua inglese e/o la lingua del Paese target.
La scarsità di risorse in dote alle PMI, severamente colpite dagli effetti dell’emergenza, non permetterà di contrattualizzare nuova forza lavoro, con ogni probabilità.
In questo contesto, può essere funzionale investire quanto basta sulla formazione dei propri dipendenti, anche mediante i numerosi corsi online che ne sviluppano minime capacità linguistiche essenziali alla comunicazione con gli operatori commerciali. Il sito web aziendale rappresenta lo scaffale virtuale della propria merce-
Può essere utile aggiungere anche una sezione in lingua inglese contenente l’elenco dei propri prodotti.
In una fase più avanzata, può essere determinante studiare e tracciare (con adeguati strumenti informatici) il comportamento dei clienti attraverso la navigazione del sito.
Ancora una volta, raccolta di informazioni e analisi.
Spero attraverso questo articolo di averti fornito degli spunti utili per l’approccio all’internazionalizzazione.