Recovery fund: come superare la crisi economica del 2020

Il Recovery fund è un argomento di cui sentiamo parlare spesso ormai da mesi sia in televisione che sui giornali ma in quanti sanno realmente cos’è è quali impatti e benefici avrà sull’Italia?

Cos’è esattamente il Recovery Fund e quanto spetta all’Italia?

Il Recovery Fund, è un nuovo strumento europeo per la ripresa approvato, dopo quattro giorni di negoziato, dal Consiglio europeo straordinario del 21 luglio 2020.

I Capi di Stato e di governo europei hanno previsto di incrementare il bilancio su base temporanea tramite nuovi finanziamenti raccolti sui mercati finanziari per un ammontare pari a 750 miliardi di euro.

La quota destinata all’Italia nel suo complesso è di circa 209 miliardi ripartiti in 81,4 miliardi in sussidi e 127,4 miliardi in prestiti.

Il resto dei sussidi saranno canalizzati attraverso altri pilastri dell’operazione anticrisi tra cui React Eu, sviluppo rurale, Just transition fund.

I Piani di ripresa e di resilienza dovranno essere inviati dai Governi alla Commissione Europea entro fine aprile 2021.

L’obiettivo del governo Italiano è quello di inviarlo prima di quella scadenza ossia all’inizio del prossimo anno. Bruxelles ha comunque incoraggiato gli Stati membri a sottoporle i programmi preliminari da metà ottobre.

Una volta presentato alla Commissione europea il Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr), Bruxelles avrà a disposizione fino a 8 settimane per esaminare e proporre al Consiglio Ecofin l’approvazione del Piano. L’Ecofin dovrà approvare quindi il piano a maggioranza qualificata entro 4 settimane.

Quali sono le modalità di raccolta delle risorse destinante al Recovery Fund?

Le modalità di raccolta di tali risorse sono uno degli aspetti più innovativi dell’accordo del Consiglio Europeo.

Questo perché in sostanza si è deciso di emettere debito comune, a livello europeo, per finanziare le misure contro la crisi causata dalla Covid-19. 

Il Consiglio europeo, nelle sue conclusioni del 21 luglio, ha voluto comunque ricordare che il nuovo provvedimento rappresenta una risposta eccezionale a una situazione estrema ma temporanea, con chiari limiti di entità, durata e raggio d’azione.

La Commissione Ue emetterà obbligazioni (con scadenza da tre a 30 anni) sui mercati finanziari per conto dell’Ue. L’emissione di questo “debito comunitario”, permesso dal Consiglio fino alla fine del 2026, sarà garantita dal bilancio pluriennale dell’Ue. 

Qual è il meccanismo di condizionalità?

Per accedere al programma l’Italia dovrà presentare un piano nazionale alla Commissione europea. La condizione preliminare per una valutazione positiva della Commissione è “l’effettivo contributo” del piano alla “transizione verde e digitale”.

Ma il punteggio più alto nella valutazione deve essere ottenuto per quanto riguarda la coerenza con le raccomandazioni specifiche per Paese.

Quelle raccomandazioni che annualmente la Commissione detta ad ogni stato membro sono ovviamente più o meno cogenti a seconda del rispetto di parametri e impegni presi.

Nel caso dell’Italia, com’è noto, innanzitutto la riduzione del rapporto deficit/Pil strutturale e del debito pubblico.

Tra le misure suggerite ci sono:

  • le imposte sugli immobili;
  • il taglio delle agevolazioni fiscali e delle aliquote Iva ridotte;
  • il contrasto dell’evasione fiscale e della corruzione;
  • le riforme delle pensioni, del lavoro, della giustizia.

Insomma, le famose “riforme strutturali”.

La valutazione del piano nazionale fatta dalla Commissione dovrà essere approvata dal Consiglio europeo, a maggioranza qualificata. 

Quali progetti saranno finanziati?

La lista di progetti è bella lunga ma quelli che occupano le prime posizioni sono:

  • la proroga di tre anni per superbonus del 110% e sisma bonus;
  • la proroga di cinque anni per il Piano 4.0;
  • l’irrobustimento delle buste paga dei lavoratori con la detassazione degli aumenti;
  • lo stop all’uso del contante e la riforma della riscossione.

Ci saranno inoltre ulteriori interventi per la ripresa, come quelli riguardanti il 5G, il green e la sanità.

Parlando di sanità l’obiettivo del ministero della Salute è investire 34,4 miliardi di euro in 6 anni. In che modo? Utilizzando le risorse del Recovery Fund che serviranno per migliorare:

  • il patrimonio edilizio attraverso la costruzione o la riqualificazione di ospedali;
  • l’adeguamento sismico e antincendio mediante la realizzazione di interventi coerenti con i protocolli di sostenibilità ambientale e di efficienza energetica.

È previsto inoltre l’ammodernamento complessivo del parco tecnologico ospedaliero, sia in termini di attrezzature di alta tecnologia sia di infrastrutture digitali.

Due miliardi e mezzo di euro in 5 anni dovrebbero essere utilizzati per potenziare l’assistenza e le cure domiciliari.

Per poter realizzare tutto questo l’elenco dei progetti e delle riforme da finanziare deve essere credibile e rispondere a tutte le richieste Ue.

Il calendario però deve essere realistico perché se non si rispetta la tabella di marcia i fondi saranno interrotti.

Per l’Italia, è quindi arrivato il momento di mettere in cantiere le riforme che Bruxelles le ha raccomandato nel 2019 e 2020.

Una volta che i piani saranno pronti, la Commissione dovrà valutarli e poi anche il Consiglio dovrà mettere il suo timbro.

Se i piani dovessero essere inviati a gennaio come si aspetta Bruxelles, i fondi potrebbero anche arrivare prima del secondo semestre.

Perché il Recovery Fund  è così importante per il rilancio delle aziende italiane?

Perché se analizziamo bene la situazione attuale il Recovery Fund rappresenta per l’Italia una straordinaria occasione per tornare a crescere, rimuovendo ostacoli di carattere strutturale che penalizzano da troppo tempo lo sviluppo delle attività economiche e la qualità della vita. 

La condizione è quella di  impiegare le rilevanti risorse (in termini reali superiori a quelle del Piano Marshall del secondo dopoguerra) in interventi in grado di generare un impatto duraturo.

Bisogna evitare di ripetere gli errori del passato nell’utilizzare i fondi strutturali e non bisogna dispere le risorse in tanti rivoli senza capitalizzarne i benefici.

Occorre selezionare obiettivi e concentrarsi su progetti che richiedono mezzi cospicui in tempi ristretti.

Più in dettaglio le risorse devono essere indirizzate “agli investimenti in infrastrutture, capitale umano e programmi di riforma”.

Quindi:

  • ammodernamento e potenziamento delle reti infrastrutturali;
  • valorizzazione del patrimonio artistico e culturale, scuola e università;
  • sostegno agli investimenti privati;
  • efficientamento della pubblica amministrazione per dotarla di strumenti e competenze adeguati e diventare fattore di sviluppo e non più freno all’iniziativa privata.

Non meno rilevante sarà la capacità di connettere gli investimenti al mondo produttivo che in Italia è composto in larga parte da micro e piccole imprese.

In questa logica è necessario che le piccole imprese siano destinatarie di interventi specifici come ha riconosciuto la stessa Commissione europea.

Per la CNA occorre potenziare il Piano Transizione 4.0 così come il credito d’imposta per attività di formazione 4.0.

Le priorità di Patuanelli

Le priorità disegnate dal Ministero dello Sviluppo Economico per il Recovery Fund sono la transizione digitale e ambientale e il rafforzamento del sistema produttivo. Sulla critica relativa all’ l’eccessiva frammentazione degli interventi allo studio del suo Ministero (si parla di circa 300 schede) Patuanelli risponde spiegando che “per lavorare su poche aree a grande impatto occorre declinare le priorità su schede puntuali e definite”, necessarie “per capire il percorso che si dà alle diverse aree di impatto per arrivare nei settori produttivi”. 

Sulle priorità della transizione digitale e ambientale l’obiettivo è quello di “far crescere il nostro Paese al livello dei nostri competitori europei, in modo sostenibile, perché “salvare il mondo dal punto di vista ambientale può diventare un motore economico forte”.

La convinzione del Ministro è che “aumentare la produttività significa avere la capacità di investire non soltanto nell’innovazione dei processi ma anche in quella dei prodotti”, che lui stesso definisce “la parte più complicata” da guidare attraverso transizioni “gentili e non traumatiche”.

Sul fronte dell’innovazione sarà sicuramente reso strutturale e potenziato il Piano Transizione 4.0 che incentiva gli investimenti in tecnologie innovative.

L’orizzonte del piano deve essere “almeno triennale” e ci deve essere una totale decontribuzione degli utili reinvestiti in azienda  se reinvestiti in innovazione, nuove tecnologie, trasformazione di processi e prodotti.

 Dare stabilità agli strumenti già esistenti per Patuanelli è la chiave per dare certezze agli imprenditori, al contrario dei bonus e dei nuovi strumenti.

Quale effetto leva avrà in Italia?

Sia che il Recovery Plan dispieghi al massimo potenziale attuale (1.500 miliardi veri, di cui almeno 200 per l’Italia) o anche molto meno, il Paese presto inizierà a ricevere nuove somme tali da raddoppiare o anche moltiplicare per cinque gli investimenti pubblici.

Succederà dalla seconda metà di quest’anno o al più tardi dei prossimi due e ciò pone già una serie di implicazioni.

Questa diventa un’occasione irripetibile per l’Italia anche sotto l’aspetto della crescita dei redditi e del lavoro dal momento che investendo in tecnologia, infrastrutture e innovazione, come prevede il Recovery Plan questo porterà un aumento della capacità produttiva e di conseguenza un aumento dell’occupazione.

Mi auguro che questo post ti abbia chiarito le idee sul Recovery Fund e su quali possono essere le opportunità di crescita e innovazione per le aziende grazie a questi fondi.

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