La responsabilità amministrativa è un argomento molto delicato per quanto riguarda la gestione di un azienda.
Secondo l’art. 2086 comma 2, L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa.
Questo anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale. Ora andiamo a vedere responsabilità e obblighi di un amministratore all’interno di una società.
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ToggleLa responsabilità amministrativa all’interno di una Società di Capitali
Compito fondamentale degli amministratori è quello di provvedere alla gestione della società, curandone gli aspetti direttivi, organizzativi, amministrativi, e contabili.
Devono inoltre compiere tutte le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale.
La legge (art. 2380-bis, comma III del c.c.) consente che l’organo amministrativo possa avere sia carattere unipersonale che collegiale.
Nel secondo caso assume il nome di consiglio di amministrazione (cda – board).
Quando si tratta di amministrazione collegiale, il numero dei componenti non è elemento essenziale dello statuto, potendo quest’ultimo determinare anche solamente il numero minimo e massimo (normalmente nello statuto compare anche una clausola che richiede il numero dispari dei componenti).
Cosa spetta agli amministratori?
- Eseguire la volontà sociale, sia espressa dall’assemblea, sia da essi stessi estrinsecata;
- curare che l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società si adeguato alla natura e alle dimensioni della sua impresa;
- vigilare sulla regolare tenuta dei libri e delle scritture contabili;
- rappresentare la società nei confronti dei terzi;
- compiere atti, normalmente attribuiti all’assemblea straordinaria.
Ad esempio spetta agli amministratori deliberare l’emissione di obbligazioni, attribuzione, in passato, tradizionalmente propria dell’assemblea straordinaria.
Mentre nelle società di persone la nomina degli amministratori non è essenziale, nelle società per azioni l’organizzazione interna è stabilita dalla legge, la quale ha fissato gli organi e le loro funzioni.
La nomina degli amministratori nelle S.P.A.
Secondo l’articolo 2383 cod.civ. , “La nomina degli amministratori spetta all’assemblea, fatta eccezione per i primi amministratori, che sono nominati nell’atto costitutivo.
Non possono essere nominati per un periodo superiore a tre esercizi, e scadono alla data nella quale l’assemblea viene convocata per l’approvazione del bilancio relativo all’ultimo esercizio della loro carica. Sono rieleggibili (salvo diversa disposizione dello statuto) e sono revocabili dall’assemblea in qualunque momento, anche se nominati nell’atto costitutivo.
Salvo il diritto dell’amministratore al risarcimento dei danni, se la revoca avviene senza giusta causa.
Entro trenta giorni dalla notizia della loro nomina gli amministratori devono chiedere l’iscrizione nel registro delle imprese.
Devono indicare per ciascuno di essi il cognome e il nome, il luogo e la data di nascita, il domicilio e la cittadinanza, e a quali tra essi è attribuita la rappresentanza della società, precisando se disgiuntamente o congiuntamente.
Le cause di nullità o di annullabilità della nomina degli amministratori che hanno la rappresentanza della società non sono opponibili ai terzi dopo l’adempimento della pubblicità, “salvo che la società provi che i terzi ne erano a conoscenza.”
Quali sono le modalità di nomina degli amministratori?
Riguardo le modalità della nomina, l’art. 2368 comma 1 del codice civile dispone che “per la nomina alle cariche sociali lo statuto può stabilire norme particolari “.
È quindi ammesso l’inserimento di clausole rivolte ad evitare che tutti i membri del consiglio di amministrazione, siano espressione della maggioranza dei soci.
Sulla nomina degli amministratori possono influire in modo determinante gli eventuali patti parasociali sottoscritti dai soci.
A seguito della nomina, ed ai fini dell’instaurazione del rapporto, è necessaria l’accettazione da parte del soggetto eletto.
Tale accettazione può essere anche tacita, non essendo richiesta dalla legge necessariamente una accettazione espressa .
Anche l’iscrizione della nomina nella registro delle imprese, ai fini della quale è necessario depositare la delibera di nomina, non costituisce un requisito di forma dell’atto, ma un adempimento successivo alla avvenuta assunzione dell’incarico.
Gli amministratori rimangono in carica per un periodo non superiore a tre esercizi.
La loro carica scade alla data dell’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio relativo all’ultimo esercizio della loro carica.
L’amministrazione può essere affidata a persone fisiche, socie e non socie, a una sola persona oppure a più persone.
Responsabilità amministrativa e diligenza dell’incarico
Gli amministratori di società di capitali possono rispondere del loro operato verso la società, i creditori sociali e i singoli soci o terzi.
Devono adempiere ai propri doveri legali e statutari con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze.
Qualora non adempiano, si riscontrano ipotesi di responsabilità degli amministratori verso la società e sono tenuti al risarcimento dei danni dalla stessa subiti.
Determinano responsabilità degli amministratori verso la società:
- condotta illecita dell’amministratore;
- danno arrecato al patrimonio sociale;
- nesso causale tra condotta e danno;
- esistenza di un fatto proprio colpevole.
Di seguito voglio andare ad analizzare quali sono le principali fattispecie che possono determinare la responsabilità degli amministratori nei confronti della società, dei creditori sociali, dei singoli soci o dei terzi.
Gli amministratori di società di capitali rispondono civilmente del loro operato verso:
- la società, a titolo di responsabilità contrattuale per inadempimento (articoli. 2392 – 2393-bis del codice civile);
- I creditori sociali, per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale (articolo 2394 del codice civile);
- I singoli soci o terzi, a titolo di responsabilità extracontrattuale da fatto illecito (articolo 2395 del codice civile).
Gli amministratori devono adempiere ai propri doveri legali e statutari con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze.
Qualora non adempiano a tali doveri incorrono in responsabilità verso la società e sono tenuti al risarcimento dei danni dalla stessa subiti (articolo 2392, comma 1, del codice civile).
Il parametro della diligenza richiesta dalla natura dell’incarico
Regola fondamentale dell’agire amministrativo è la diligenza.
Si tratta di una “clausola generale“, atteso che alla diligenza devono conformarsi tutti i comportamenti degli amministratori, indipendentemente dal fatto che siano specificamente imposti dalla legge o dallo statuto o che si tratti, in generale, dei vari atti relativi alla gestione.
La responsabilità degli amministratori gestoria è collegata ad un’obbligazione di mezzi parametrata alla diligenza dei singoli comportamenti degli amministratori. Non si tratta, invece, di un’obbligazione di risultati complessivi della gestione.
Essa, dunque, non può fondarsi solo sulla circostanza dell’esito sfavorevole della gestione.
A questo scopo si rende necessaria una specifica indicazione delle condotte, addebitabili agli amministratori, tenute in violazione del dovere di diligenza e dei doveri rilevanti ai fini della produzione del danno.
A tal proposito il legislatore ha fissato criteri specifici per l’individuazione del grado di diligenza esigibile dagli amministratori nell’adempimento dei loro doveri, identificandoli:
- nella natura dell’incarico (criterio oggettivo);
- nelle specifiche competenze di cui ciascuno dispone (criterio soggettivo).
La natura dell’incarico
Il riferimento alla “natura dell’incarico” implichi il richiamo alla diligenza professionale, di cui all’articolo 1176, comma 2, del codice civile.
Il grado di diligenza richiesto all’amministratore non può essere semplicemente equiparato a quello tipico del mandato, del “bonus pater familias“.
Deve essere valutato con riguardo alla specifica natura dell’attività esercitata.
La diligenza esigibile dall’amministratore è la diligenza tipica del gestore professionale di impresa altrui.
Questa determinata non in astratto, ma facendo concreto riferimento:
- sia alle caratteristiche oggettive dell’impresa (dimensioni, articolazione organizzativa, settore di attività, struttura dell’azionariato, ecc.);
- sia alla funzione concretamente espletata da ciascun amministratore nell’ambito dell’organo collegiale (presidente, amministratore delegato, amministratore delegato membro del comitato esecutivo, amministratore non esecutivo).
Quanto alla possibilità di far rientrare la perizia nel parametro della diligenza, la relazione di accompagnamento al D.Lgs. n. 6/2003 offre degli spunti in merito.
Affermare che gli amministratori devono usare la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico non significa che essi debbano necessariamente essere periti in contabilità, in materia finanziaria ed in ogni settore dell’amministrazione dell’impresa sociale.
Piuttosto significa che le scelte degli amministratori devono essere informate e meditate.
Devono essere basate sulle rispettive conoscenze e frutto di un rischio calcolato, non di irresponsabile o negligente improvvisazione.
Responsabilità amministrativa: quali sono le specifiche competenze dell’amministratore?
Accanto al criterio oggettivo della natura dell’incarico, del criterio soggettivo consistente nella valutazione delle “specifiche competenze“.
Ciò significa che i doveri imposti dalla legge o dallo statuto in capo all’amministratore debbano essere da questi adempiuti non soltanto con la diligenza propria del buon gestore professionale, ma anche con la diligenza esigibile in considerazione delle specifiche competenze di cui lo stesso disponga.
In altri termini, al fine di determinare la diligenza dovuta da ciascun amministratore, occorre tenere conto anche delle qualità, delle competenze e delle capacità personali dallo stesso possedute, che hanno costituito la base per la sua nomina.
Quale danno può causare un’illecita condotta da parte di un amministratore?
L’illecita condotta, attiva od omissiva, tenuta dagli amministratori deve aver causato un danno effettivo al patrimonio della società.
Stante la natura risarcitoria della fattispecie di responsabilità in esame, la violazione, da parte degli amministratori, dei doveri ad essi imposti non può costituire presupposto sufficiente all’accertamento di una loro responsabilità se manca la prova che da tale violazione siano direttamente derivati pregiudizi al patrimonio sociale.
Quanto al contenuto dell’obbligazione risarcitoria, è principio consolidato che l’amministratore sia tenuto a risarcire, secondo i principi generali di cui all’articolo 1223 del codice civile e nei limiti della prevedibilità ex articolo 1125 del codice civile:
- le perdite subite (danno emergente);
- i mancati guadagni (lucro cessante), da commisurare in concreto al pregiudizio patrimoniale che la società non avrebbe subito se un determinato comportamento illegittimo non vi fosse stato.
Si ritiene sia risarcibile anche il danno non patrimoniale. Questo avviene qualora l’illecito commesso dall’amministratore produca nei confronti dell’ente conseguenze pregiudizievoli in termini di reputazione, credibilità ed immagine che non si prestino ad una valutazione monetaria su basi di mercato, rendendo necessaria una riparazione in via equitativa sulla base di tutti gli elementi di fatto del caso concreto.
Responsabilità amministrativa: quando gli amministratori sono più di uno cosa succede?
Se gli amministratori sono più di uno, la collegialità dell’organo amministrativo comporta, in via di principio, che essi rispondano solidalmente dei danni arrecati alla società dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti (articolo 2392, comma 1, del codice civile).
Ciò significa che ciascuno degli amministratori potrà essere costretto a procedere al risarcimento integrale del danno.
Questo comporta il fatto che la società ha la possibilità di agire nei confronti di uno solo degli amministratori.
Gli amministratori, tuttavia, devono essere autonomamente individuati come corresponsabili dello specifico danno lamentato in concreto.
Questo sulla base di una puntuale ricostruzione del nesso causale tra la condotta ad essi personalmente attribuibile e l’evento pregiudizievole denunciato.
Nei rapporti interni, invece, l’amministratore che non abbia concorso al compimento dell’atto dannoso, può agire in rivalsa contro gli amministratori agenti al fine di essere indennizzato degli esborsi eventualmente eseguiti a favore della società.
Ciò posto, occorre, peraltro, aggiungere che il carattere solidale della responsabilità degli amministratori verso la società:
- viene escluso, in considerazione del carattere personale della medesima responsabilità, quando si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di funzioni in concreto attribuite ad uno o più amministratori (articolo 2392, comma 1, del codice civile);
- sussiste, indipendentemente dalla presenza o meno di deleghe dei poteri amministrativi e fermi gli obblighi di cui all’articolo 2381 del codice civile per quegli amministratori che essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose (articolo 2392, comma 2 del codice civile).
Spero che questo articolo sia servito a chiarirti maggiormente le idee sulla responsabilità amministrativa e sui danni che può causare l’illecita condotta di un amministratore.
È fondamentale una corretta gestione amministrativa all’interno dell’azienda per saper gestire in modo preventivo un eventuale crisi aziendale.
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