Lo squilibrio aziendale arriva nel momento in cui si sta attraversando quella fase successiva al declino. Si traduce in gravi carenze sul piano dei flussi finanziari sotto forma di:
- crisi di liquidità;
- difficoltà nell’accesso al credito;
- perdita di fiducia degli stakeholders aziendali.
Nei casi più gravi lo suilibrio aziendale si trasforma in crisi aziendale ed è destinata inevitabilmente a sfociare nell’insolvenza. Nello specifico nell’incapacità di soddisfare regolarmente le obbligazioni. Nel dissesto che porta ad una condizione permanente di squilibrio patrimoniale irrimediabile.
La conseguenza grave di tutto questo è il mancato l’assenso dei finanziatori a rinunciare alla riscossione immediata dei crediti loro spettanti.
Ci possono essere ben 5 motivi che causano il declino dell’azienda e da cui si può originare lo squilibrio aziendale e trasformarsi in crisi aziendale:
- la crisi da inefficienza;
- la crisi da capacità che supera le richieste;
- il decadimento dei prodotti e gli errori di marketing;
- l’incapacità nel programmare, errori nella strategia e carenza di innovazione;
- la crisi da squilibrio finanziario.
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ToggleQuando lo squilibrio aziendale è causato dall’inefficienza
Nell’area della produzione l’inefficienza può essere ricondotta, per esempio, alla disponibilità di strumenti totalmente o parzialmente obsoleti. Alla mancanza di competenza o di impegno della manodopera. Per non parlare delll’utilizzo di tecnologie superate o ad un’allocazione non ottimale degli impianti.
Se parliamo dell’area commerciale l’inefficienza è causata dall’esistenza di una sproporzione tra i costi di marketing e i costi sostenuti per la creazione e la gestione delle reti di vendita.
L’area amministrativa è caratterizzata invece da inefficienze quando si registrano:
- eccessi di burocratizzazione;
- gravi carenze nel sistema informativo;
- un’operatività insoddisfacente in uno o più settori dell’attività amministrativa.
Per quel che concerne l’ambito organizzativo, vi può essere una carenza di efficienza.
Questa può essere dovuta all’assenza degli strumenti tipici di programmazione e controllo e di pianificazione a medio lungo termine.
Può essere inoltre causata:
- dall’opacità nella definizione dei compiti e delle responsabilità;
- da un’erronea determinazione dei risultati conseguiti da singoli gruppi;
- da un collegamento non ideoneo tra risultati e compensi.
Ci possono essere anche disfunzioni nell’organizzazione del lavoro produttivo, della manutenzione degli impianti, o addirittura, del disegno organizzativo globale dell’azienda.
Infine nell’ambito dell’attività finanziaria le inefficienze si manifestano sotto forma di un più alto costo delle risorse raccolte in virtù di una debolezza contrattuale dell’azienda. Può dipendere anche dall’incapacità degli addetti alla funzione finanziaria.
Quando lo squilibrio aziendale è causato da sovracapacità
Il declino e la crisi da sovracapacità e rigidità sono determinati da un eccesso di capacità produttiva. Questo è collegato all’impossibilità di adattamento nel breve termine dei costi fissi che ne derivano.
Nello specifico parliamo di costi delle immobilizzazioni tecniche, della “struttura aziendale” e della manodopera. Ciò può essere causato da un eccesso di capacità produttiva rispetto alle possibilità di collocamento sul mercato. Solitamente questo eccesso per una singola azienda si collega a una sovracapacità a livello dell’intero settore.
Questa determinata, a sua volta, dalla ricerca di economie di scala, da una caduta della domanda globale, da nuovi correnti d’importazione.
Ci possono essere anche errori di previsione della domanda e politiche manageriali sconsiderate.
Squilibrio aziendale dovuto al decadimento dei prodotti e agli gli errori di marketing
Quando il prodotto non risulta più attraente agli occhi dei consumatori la conseguenza è una perdita delle quote di mercato e una riduzione dei margini tra prezzi e costi.
Questa riduzione può arrivare al di sotto del limite necessario per la copertura dei costi fissi o comuni. Di conseguenza, non può garantire una sufficiente misura di utile.
Il declino e lo squilibrio aziendale possono inoltre essere dovuti ad errori di marketing che si traducono in:
- un mix di prodotti errato non in grado di soddisfare le esigenze della clientela target;
- una caduta dell’immagine o della marca dell’impresa;
- una scarsa conoscenza del nome del produttore, delle marche e dei prodotti;
- errori nella scelta dei mercati, del target di clientela o delle nicchie;
- lo scadimento dei servizi offerti alla clientela;
- le carenze ed eccessiva onerosità dell’apparato distributivo.
Incapacità nel programmare, errori nella strategia e carenza di innovazione
La carenza di innovazione è riferita all’incapacità di sviluppare nuove idee che permettano all’azienda di essere continuamente profittevole. Questo non permette all’azienda di porre le basi per la sopravvivenza e lo sviluppo nel lungo periodo.
L’incapacità a programmare è riferita alla mancanza di abilità nell’adattare le condizioni della gestione.
L’incapacità anche di adattarsi alle variazioni dell’ambiente esterno. Altra causa sono le difficoltà nel predisporre programmi a lungo termine individuando con precisione gli obiettivi da raggiungere.
Gli errori nella strategia che possono originare una distruzione di valore sono molteplici e tra questi rientrano:
- il mantenimento dell’impegno in attività che generano risultati negativi e che non presentano probabilità di inversione di tendenza;
- l’entrata in nuove aree lontane dal proprio core business e delle quali l’azienda non possiede le competenze basilari per poter sostenere lo scontro competitivo;
- l’avvio di fasi di sviluppo eccessivamente veloci, pur non possedendo adeguate disponibilità finanziarie e manageriali;
- il tentativo di conquista di nuovi mercati sopportando ingenti perdite di partenza;
- lo sperpero di risorse in progetti di ricerca che non producono risultati apprezzabili.
Quando lo squilibrio aziendale dipende dallo squilibrio finanziario, si genera una vera e propria crisi aziendale
Gli squilibri finanziari si possono tradurre in:
- una grave carenza di mezzi propri;
- in una marcata prevalenza dei debiti a breve termine rispetto ai debiti a medio/lungo termine;
- in una mancata correlazione tra investimenti duraturi e finanziamenti stabili;
- nella scarsa capacità di contrattare le condizioni del credito e, nei casi più gravi, in difficoltà nel rispettare i pagamenti alle scadenze definite.
Crisi aziendale: come se ne può uscire?
La percezione immediata dei sintomi indicatori di uno stato di crisi è fondamentale per aumentare le probabilità di conservazione dell’impresa in funzionamento.
Qualora si agisse con immediatezza e con opportuni mezzi di supporto nell’istante in cui la crisi presenta le prime manifestazioni aumenterebbero le probabilità di sopravvivenza delle imprese.
Questo porterebbe a conseguenti positive ricadute per una pluralità di soggetti ossia:
- vengono salvate le imprese in difficoltà che meritano di essere aiutate;
- viene tutelata l’occupazione;
- si offre inoltre ai creditori il potenziale di un più alto recupero degli investimenti effettuati;
- si permette agli imprenditori di creare nuovi profitti con l’effetto finale di apportare un beneficio alla società complessivamente considerata.
Ecco una soluzione: il piano di risanamento aziendale
Il piano di ristrutturazione, risanamento e rilancio di un’azienda tende evidentemente a ripristinare quelle condizioni di equilibrio economico,patrimoniale e finanziario che sono venute meno.
Questo perchè si sono verificati uno od alcuni degli accadimenti sopra descritti e che sono alla base della permanenza dell’azienda stessa sul mercato.
La redazione di un piano di ristrutturazione e rilancio di un’azienda in crisi deve basarsi su un’approfondita analisi e conoscenza dell’azienda, in particolare occorre avere ben presenti:
- l’assetto istituzionale e la struttura organizzativa dell’azienda;
- l’adeguatezza dell’impianto contabile;
- l’efficienza delle procedure di controllo adottate;
- le caratteristiche dei prodotti/servizi e del mercato di riferimento;
- i cicli produttivi;
- l’evoluzione nel tempo delle componenti patrimoniali, economiche e finanziarie aziendali (dati storici);
- le cause e circostanze dello stato di crisi.
Solo l’analisi propedeutica e minuziosa dell’azienda consente infatti un approccio serio e più agevole alla redazione del piano di risanamento.
Il Piano deve basarsi su previsioni ragionevolmente sostenibili e non manifestamente infondate, sia in rapporto a quello che è stato l’andamento storico dell’azienda, che in relazione alle prospettive di sviluppo.
Non si deve, d’altra parte, sottovalutare, il piano di ristrutturazione potrebbe dover intervenire anche su aspetti strettamente organizzativi e gestionali.
Tutto ciò potrebbe realizzarsi con o senza il ricorso a procedure concorsuali.
Concordato preventivo
Il concordato preventivo, regolamentato dagli artt. 160 e ss. l.f. rappresenta una vera e propria procedura concorsuale che vede coinvolti, con ruoli differenti, diversi soggetti.
Ricordiamo in particolare:
- il debitore proponente il piano di ristrutturazione su cui si fonda la proposta di concordato;
- i creditori che devono votare tale proposta;
- un commissario giudiziale che, tra l’altro, redige la relazione sulle cause del dissesto ex art. 172 l.f.. Illustra le proposte definitive del debitore in sede di discussione della proposta ex art. 175 l.f. e predispone il proprio motivato parere ex art. 180 l.f.;
- il Tribunale che verifica l’ammissibilità della proposta ai sensi dell’art. 162 l.f. ed omologa, nella fase finale, il concordato.
Va evidenziato, in ogni caso, che il concordato preventivo è ispirato alla filosofia di fondo che ha animato la riforma delle procedure concorsuali e che privilegia il recupero dell’impresa e non la sua fuoriuscita dal mercato.
Oggi è possibile anche avviare tale procedura e allo stesso tempo presentare un progetto perché l’azienda possa continuare la propria attività. Tutto questo, mentre è attiva la procedura di liquidazione dei debiti oggetto del concordato.
Accordo di ristrutturazione del debito ex art. 182-bis l.f.
L’accordo di ristrutturazione del debito si pone idealmente tra il concordato preventivo ed il piano di risanamento attestato.
L’orientamento prevalente ritiene che l’accordo di ristrutturazione sia un contratto di diritto privato concluso dal debitore con uno o più creditori che rappresentino una percentuale significativa dei crediti. Almeno il 60 per cento.
Si perfeziona in virtù̀ del semplice consenso espresso dalle parti e non viene previsto alcun coinvolgimento della totalità dei creditori che non compaiono all’interno dell’istituto come collettività̀.
Nel caso in esame, infatti, ciascun creditore interessato all’accordo contratta con il proponente (debitore) e accetta o meno individualmente.
A fronte di tale “elasticità” concessa nel trattamento dei creditori aderenti, la legge esprime una assoluta “rigidità” quanto al trattamento che viene riservato ai creditori estranei.
Stiamo parlando di coloro che per qualsiasi motivo non hanno aderito ovvero, ad esempio, i creditori non interessati dal debitore alla contrattazione.
Gli estranei, infatti, devono essere pagati regolarmente, vale a dire per l’intero e alle scadenze.
Nel caso in cui il credito sia liquido ed esigibile devono essere pagati immediatamente dopo l’omologazione da parte del Tribunale.
Ciò̀ discende dal generale principio per cui il contratto produce effetti di legge tra le parti e non vincola quanti ne risultano estranei.
Piano di risanamento attestato: una netta differenza rispetto al concordato preventivo.
L’istituto, non puntualmente delineato dal legislatore, prevede infatti la redazione da parte del debitore di un piano che appaia idoneo al risanamento dell’esposizione debitoria. Deve inoltre assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria dell’impresa.
La ragionevolezza di tale piano deve essere attestata da un professionista in possesso dei requisiti necessari per svolgere la funzione di curatore. Quest’ultimo deve risultare anche iscritto presso il Registro dei Revisori contabili.
Il piano di risanamento attestato è connotato come atto negoziale del debitore e di eventuali creditori interessati dalla ristrutturazione ed indicati nel piano.
È assente qualsiasi controllo da parte dell’Autorità̀ Giudiziaria e, conseguentemente, qualsiasi riferimento ad una procedura tipizzata.
Come hai potuto constatare da questo articolo lo squilibrio aziendale e la conseguente crisi d’impresa sono sempre in agguato. Ci sono però le giuste soluzioni per uscirne.
E se di dicessi, dopo averti svelato le cause che possono portare ad una crisi aziendale, che c’è il modo di prevenirla?
Come? Compilando il form qui sotto e prenotando la tua consulenza gratuita.
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