La riclassificazione di bilancio: scopri perchè è importante

La riclassificazione di bilancio è una versione semplificata del documento originale e serve per capire meglio lo stato di salute di un’azienda.

In altre parole, questa particolare riclassificazione consente a chiunque di visionare un bilancio, riuscendo a comprenderlo in ogni sua parte, per via del “filtro” degli specialisti che se ne occupano. 

Ti dico questo perche il bilancio non è un documento per tutti.

Al contrario, per leggerlo e per poterlo comprendere servono delle competenze settoriali, che appartengono ai professionisti.

Di conseguenza la riclassificazione di bilancio d’esercizio è un’ottima soluzione per conoscere la situazione economica e patrimoniale delle società con cui quale si collabora, così da mettersi al riparo da sgradite sorprese.

La riclassificazione di bilancio diventa sicuramente uno strumento ideale per qualsiasi impresa.

Come avviene la riclassificazione di bilancio e perché e così importante?

In pratica gli esperti raggruppano le varie voci del bilancio, come il conto economico e lo stato patrimoniale, e le sfruttano per produrre degli indici numerici, che agevolano poi la fase di lettura e di studio. Il risultato finale è una documentazione chiara e modellata per i non addetti ai lavori.

Il motivo per cui la riclassificazione di bilancio è così importante e che ti permette di conoscere nel dettaglio il bilancio ed avere a disposizione diversi strumenti per migliorare l’andamento della tua azienda.

Purtroppo le piccole imprese, ora al centro di attenzioni e manovre legislative d’urgenza, spesso non capiscono l’importanza di questo step, e così perdono delle opportunità di crescita notevoli. Grazie al bilancio riclassificato, difatti, si possono analizzare gli indici di bilancio e capire cosa funziona e cosa invece non funziona.  

Una volta preso atto delle mancanze, è possibile intervenire per disegnare delle strategie più idonee per il raggiungimento degli obiettivi delle imprese.

Occorre sottolineare che queste possibilità sono alla portata di tutti, avendo fra le mani un bilancio riclassificato, con gli indicatori numerici più importanti messi in evidenza e pronti per essere compresi.

Per fare un esempio concreto, rimanendo nel campo delle PMI, spesso l’analisi di questi documenti porta alla luce delle pecche come la perdita di marginalità, altrimenti difficili da interpretare senza la riclassificazione.

Dopo aver fatto un quadro generale sulla riclassificazione di bilancio e sulla sua importanza entriamo nel dettaglio.

Quali sono gli scopi della riclassificazione di bilancio?

Evidenziati in modo sintetico sono i seguenti:

  • raggruppare le voci di bilancio per classi omogenee;
  • evidenziare risultati parziali;
  • facilitare la comprensione delle relazioni tra gli aggregati di bilancio;
  • facilitare i confronti nello spazio e nel tempo.

Per ottenere un migliore risultato sulla riclassificazione di bilancio ed andare nello specifico bisogna fare l’analisi di bilancio per indici che presuppone una opportuna riclassificazione dei valori di bilancio.

Analisi di bilancio per indici

L’analisi per indici consiste nel calcolare indici che mettono a confronto gruppi di valori anche di diversa natura partendo dai dati dello stato patrimoniale e del conto economico; gli indici si possono raggruppare in base al tipo di analisi in : analisi della redditività, analisi della produttività, analisi patrimoniale e finanziaria. È opportuno dire che l’analisi per indice fornisce probabili andamenti futuri.

Analisi della redditività

L’analisi della redditività consiste nell’individuare l’origine del reddito prodotto dall’impresa. La prima fase di questa analisi è quella di costruire un conto economico a valori percentuali che mette in evidenza la struttura del reddito.

La seconda fase è quella di misurare la redditività, il livello medio della redditività aziendale complessiva,; entrambe le misure avvengono attraverso gli indici di redditività che forniscono informazioni sulla capacità aziendale di produrre ricchezza e sulla sua destinazione; questi indici sono:

  1. ROE, che indica la redditività effettivamente ottenuta dall’impresa, e si riferisce all’intera gestione aziendale. Si trova mettendo al rapporto l’utile netto d’esercizio / il capitale proprio per 100.
  2. ROI, che esprime la redditività del capitale investito. Il valore minimo che assume il ROI deve corrispondere almeno al costo medio del denaro, misurato dal ROD.
  3. ROD, che stabilisce la capacità dell’azienda di remunerare il capitale di debito e l’incidenza degli oneri finanziari sulla redditività. La convenienza di un investimento si misura attraverso il confronto tra il ROI e il ROD. Se il ROI è maggiore al ROD, l’impresa ha convenienza a finanziare gli investimenti incrementando i finanziamenti a titolo di capitale di debito perché si produce un reddito sufficiente per pagare gli interessi passivi.
    Viceversa se il ROI è minore del ROD l’impresa non ha convenienza a finanziare.
  4. ROS, che stabilisce la redditività media unitaria dell’impresa; questa si calcola in base ad un rapporto percentuale tra reddito operativo e ricavi di vendita. Per conoscere la redditività globale bisogna tener conto del numero di volte che, nell’anno, si è ripetuta la redditività unitaria espressa in ROS.
    Il ROI è influenzato dal ROS e dal tasso di incidenza della gestione non caratteristica.

Riclassificazione di bilancio per indici: analisi della produttività

Come sappiamo le capacità reddituali dell’ impresa sono direttamente correlate alla produttività del capitale investito e alla produttività del lavoro. Maggiore e la produttività dei fattori impiegati, tanto più elevate sono le capacità reddituali dell’ azienda. L’indice di produttività del capitale investito è dato dal rapporto: valore aggiunto/totale impieghi per cento.

Analisi patrimoniale

L’Analisi Patrimoniale esamina la struttura del patrimonio, al fine di accertare le condizioni di equilibrio nella composizione degli impieghi e delle fonti di finanziamento.

La composizione degli impieghi ha l’obiettivo di misurare il grado di rigidità o di rigidità del patrimonio. Per quanto riguarda la rigidità degli impieghi sarà uguale alle immobilizzazioni/totale impieghi per cento; invece per l’elasticità degli impieghi sarà uguale all’ attivo corrente/totale impieghi per cento.

Analisi finanziaria

L’analisi finanziaria esamina l’attitudine dell’azienda a fronteggiare i fabbisogni finanziari senza compromettere l’ equilibrio economico della gestione .

Essa è un’analisi di tipo dinamico che può essere esaminata nel dettaglio solo attraverso l’analisi dei flussi. Alcune indicazioni possono tuttavia essere ottenute anche costruendo opportuni indici che solitamente vengono articolati in quattro gruppi:

Indici di solidità

Sono indici che mettono in evidenzia l’ utilizzo delle fonti di finanziamento per effettuare i diversi impieghi. Esempio l’indice di autocopertura delle immobilizzazioni è uguale al capitale proprio/immobilizzazioni.

Gli indici di liquidità

Essi valutano la solvibilità dell’azienda, ossia la sua capacità a far fronte agli impieghi finanziari

Gli indici di rotazione

Servono per esprimere la velocità di rigiro del complesso degli impieghi o di singoli elementi del patrimonio.

Ad esempio, l’indice di rotazione dell’attivo circolante segnala il numero di volte in cui ruotano le risorse impiegate a breve per effetto delle vendite. Oppure l`indice di rotazione dei crediti commerciali che dipende dalle politiche di vendita attuate, e quindi dal volume dei crediti che l’azienda è disposta a concedere pur di incrementare le vendite.

Indici di durata

Calcolati gli indici di rotazione, è possibile calcolare gli indici di durata degli elementi del capitale investito. A tale proposito sono particolarmente importanti gli indici che esprimono la durata media delle dilazioni di pagamento ottenute dai fornitori o concesse ai clienti.

Una volta vista la riclassificazione per indici andiamo invece a vedere la riclassificazione dello Stato Patrimoniale e del Conto economico.

Riclassificazione di bilancio: Stato patrimoniale

Lo stato patrimoniale riclassificato fornisce una diversa e più adeguata rappresentazione dei valori di impieghi (attività) e fonti di capitale (passività).

Il criterio più seguito per riclassificare tali valori è quello finanziario che si basa sulla velocità di trasformazione in denaro (sotto forma di incassi e pagamenti) dei valori stessi.

Secondo il criterio finanziario possiamo quindi distinguere:

  • gli impieghi di capitale (o attività) liquidabili in breve tempo (ad es. BOT semestrali) e quelli che rappresentano investimenti di durata pluriennale (ad es. impianti e macchinari);
  • le fonti di capitale (o passività) da ripagare in breve tempo (ad es. lo scoperto di conto corrente) e quelle che rappresentano finanziamenti di durata pluriennale (ad es. il mutuo).
I valori delle attività sono ripartiti in due grandi classi:
  1. attività correnti (o capitale circolante lordo): esprimono investimenti destinati a ritornare in moneta in tempi brevi;
  2. attività immobilizzate (o capitale fisso): esprimono l’entità degli investimenti durevoli.
I valori delle passività e del capitale netto sono suddivisi nelle seguenti classi:
  1.  passività correnti: indicano il complesso dei debiti a breve termine;
  2.  passività consolidate: indicano quello dei debiti a medio-lungo termine;
  3.  capitale netto (o proprio): come detto più volte in precedenza, esprime la consistenza del patrimonio, di proprietà dell’imprenditore, utilizzato per finanziare l’azienda.
Alcune cose degne di puntualizzazione:
  1.  Le poste rettificative dell’attivo, quali il fondo ammortamento, il fondo svalutazione crediti, ecc., sono portate direttamente in detrazione delle poste attive alle quali si riferiscono, per cui gli impianti sono al netto dei rispettivi fondi ammortamento.
  2.  Le rimanenze di magazzino sono considerate attività correnti.
  3.  I debiti a medio-lungo termine, oggetto di rimborso secondo rate periodiche, vanno distinti in due quote: le rate che scadono entro un anno (queste devono essere incluse fra le passività correnti) e le rate restanti.

Riclassificazione di Bilancio: conto economico

Il conto economico riclassificato permette di distinguere, all’interno della gestione reddituale complessiva:

  • il reddito della gestione ordinaria (o corrente);
  • il reddito della gestione straordinaria.

La gestione ordinaria (o corrente) comprende tutte le normali operazioni aziendali e si articola, a sua volta, in gestione:

  1. caratteristica, da cui derivano costi e ricavi relativi all’attività tipica dell’azienda (es. produzione di scarpe sportive);
  2. accessorio-patrimoniale, che comporta costi e ricavi dovuti alle attività accessorie rispetto all’attività tipica (es. affitti attivi di immobili ad uso investimento);
  3. finanziaria, volta al reperimento dei mezzi finanziari necessari all’attività d’impresa e all’impiego delle risorse eccedenti.

La gestione straordinaria comprende costi e ricavi che derivano da fenomeni di carattere episodico ed eccezionale ad un prezzo diverso dal loro valore contabile.

Questi fenomeni sono ad esempio i furti, gli incendi, le vendite di «beni ammortizzabili» (cioè di beni che non sono stati acquisiti originariamente per essere venduti, come macchinari, impianti, ecc.).

È chiaro che è diverso ottenere un utile dalla gestione ordinaria o dalla gestione straordinaria. Nel secondo caso è improbabile che l’utile si ripeta l’anno successivo!

Per questo è opportuno conoscere, distintamente:
  1.  il reddito prodotto dalla gestione ordinaria ossia quello prodotto dalla gestione caratteristica (il più importante, detto reddito operativo), quello prodotto dalla gestione accessorio-patrimoniale e quello prodotto dalla gestione finanziaria;
  2.  il reddito prodotto dalla gestione straordinaria.

Non esiste uno schema di riclassificazione unico. In genere si utilizzano due modelli di riclassificazione:

  • a valore aggiunto;
  • a margine di contribuzione.

Il valore aggiunto viene calcolato come differenza tra il valore della produzione ottenuta nell’esercizio ed il costo dei fattori produttivi (materie prime e servizi) acquisiti all’esterno ed impiegati per ottenere quella produzione.

La sua determinazione consente di valutare quanto valore l’impresa, attraverso i propri processi produttivi, è riuscita ad aggiungere alle risorse comprate da altri soggetti.

Il conto economico a margine di contribuzione

Parlando di conto economico a margine di contribuzione è importante anche saper determinare il punto di pareggio ossia la soglia critica di produzione e vendita da superare se vogliamo sperare di guadagnare qualcosa.

Per determinare questa soglia, abbiamo detto, è necessario distinguere i costi in fissi e variabili.

A tal proposito il conto economico a margine di contribuzione non solo individua il reddito operativo il quale resta comunque il fulcro di ogni conto economico riclassificato  ma separa i costi in relazione al loro grado di variabilità.

Attraverso un tale conto economico, il calcolo del punto di pareggio sarà pressoché immediato.

Anche se estremamente utile, il conto economico a margine di contribuzione non è però di facile costruzione.

Questo perché non è facile distinguere in modo esatto i costi variabili dai costi fissi. Occorre pertanto «arrangiarci», sempre ovviamente nei limiti della ragionevolezza.

A tal fine possiamo pensare di considerare costi fissi:
  • salari e stipendi;
  •  ammortamenti;
  •  fitti, canoni, ecc.;
  •  spese generali e di amministrazione, pubblicità, formazione, ricerca e sviluppo, ecc.

Tutti i restanti costi li potremo considerare sostanzialmente variabili.

Concludo dicendo che il conto economico a margine di contribuzione non è migliore del modello a valore aggiunto.

Ogni modello offre informazioni per rispondere a domande diverse.

Evidenziando il margine di contribuzione si punta l’indice sul fatturato critico. A più riprese, abbiamo visto quanto sia importante per un aspirante imprenditore conoscere tale soglia.

Evidenziando il valore aggiunto, invece, si pone in evidenza la differenza di valore che esiste, ad esempio, fra il pane e la farina con cui è fatto quel pane.

Il pane infatti è prodotto con la farina, ma se è fatto bene ha un valore superiore a quello della farina.

Quindi, quanto più valore riusciamo ad aggiungere alle materie prime (la farina) e ai servizi impiegati nella produzione, tanto più saremo meno in grado di «coprire» tutti gli altri costi che comunque la produzione comporta, e assicurarci un congruo profitto.

Al contrario se il nostro pane vale poco più (o addirittura meno) della farina con cui è fatto, avremo difficoltà a coprire i costi di produzione.

Perciò ogni imprenditore deve conoscere bene anche quanto valore aggiunto è in grado di creare.

Spero vivamente che questa panoramica sulla riclassificazione del bilancio abbia fatto chiarezza sulla sua importanza ma mi rendo conto che non puoi fare tutto da solo.

Ti consiglio di affidarti ad un team di professionisti esperti in materia che ti guidino e ti supportino in questa fase delicata.
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