Open Innovation model: una svolta per le aziende

Quando nasce l’Open Innovation model e quale impatto positivo può avere sulle aziende? Il termine è stato coniato da Henry Chesbrough, l’economista statunitense che nel 2003 scrisse un libro fondamentale sull’argomento, dal titolo: “The Era of Open Innovation”.

Questa è la sua definizione, tratta da un secondo scritto edito nel 2006:

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« Le imprese possono e debbono fare ricorso ad idee esterne, così come a quelle interne. Devono accedere con percorsi interni ed esterni ai mercati se vogliono progredire nelle loro competenze tecnologiche. »

Insomma, Chesbrough comprese che le aziende non potevano più prescindere dall’aprirsi all’esterno per poter portare reale innovazione al loro interno.

In particolare, sarebbe stato per loro molto vantaggioso collaborare con i nuovi soggetti in campo. Ovvero le startup, nonché programmatori, inventori, istituti di ricerca e università.

Grazie a questo modello, l’azienda può “perlustrare” il mercato.

In questo modo può scovare quali soluzioni innovative possono corrispondere e aiutare il proprio modello di business, e creare partnership.

Open Innovation model

open innovation model - alzarating

La formula dell’open innovation model prevede che un’azienda possa accedere alle innovazioni disponibili. sul mercato integrandole con il proprio modello di business.

Un processo del genere consente anche un più rapido time to market, ovvero un tempo minore per passare dalla fase di ideazione del prodotto o servizio o alla sua immissione sul mercato. Di alcune di queste fasi, come per esempio la prototipazione di alcuni manufatti, possono occuparsi in determinati casi anche realtà esterne come le startup.

Secondo questo schema, diventa maggiormente competitivo non chi produce al proprio interno le migliori innovazioni. Bensì chi riesce a creare prodotti e servizi innovativi modulando al meglio ciò che viene da dentro e ciò che può ricavare dai player fuori dal perimetro aziendale.

Sono poche le grandi aziende che hanno una platea di risorse interne talmente ampia e funzionale da non ritenere necessario uno scambio con l’esterno.

E anche queste si stanno rendendo conto che i contributi esterni rappresentano uno stimolo significativo e, a volte essenziale.

Open Innovation model: come metterla in pratica

Le modalità concrete attraverso le quali si realizza l’open innovation possono essere molteplici. Si può fare lanciando un concorso per idee innovative.

Oppure stringendo accordi di collaborazione con i partner.

Aprendo hub o think tank interni, o facendo acquisizioni tra le realtà più interessanti.

Vediamo alcune di queste modalità.

Sono numerose le aziende che vanno a caccia di idee innovative tra le realtà più disparate (startup, piccole e medie imprese, associazioni o anche singoli individui).

Come? Utilizzando lo strumento della call for ideas, ovvero un concorso di idee solitamente rivolto a persone o imprese attive in specifici settori di mercato.

L’organizzazione della call, così come il percorso, gli obiettivi prefissati e gli esiti, variano  a seconda della realtà aziendale che ha lanciato il challenge.

Non è escluso che gli organizzatori decidano di investire, direttamente o indirettamente, nelle realtà che hanno sviluppato le innovazioni più promettenti.

Alcune aziende possono decidere di mettere in piedi degli hackathon.

Cosa sono? Parliamo di gare di programmazione durante le quali chiedono a developer e programmatori di sviluppare soluzioni digitali innovative relative a un determinato settore, in un arco di tempo circoscritto (24 o 48 continuative, in generale).

È anche possibile che le organizzazioni decidano di assegnare dei premi.

In questo modo possono individuare e dare rilievo alle realtà innovative che hanno suscitato il loro interesse e con le quali, eventualmente, intendono proseguire la relazione.

Open Innovation model: incubatori, acceleratori aziendali e partnership

Per portare l’innovazione all’interno di un’impresa si può decidere di costituire incubatori o acceleratori di startup gestiti direttamente o indirettamente dall’azienda. Queste strutture hanno lo scopo di sostenere gli sforzi iniziali delle giovani società e accompagnarle nella loro crescita.

Come? Fornendo strumenti e spazi utili a sviluppare un business efficace.

La supervisione del processo di accelerazione da parte dell’azienda può consentire una collaborazione più diretta e mirata.

Un altro percorso di open innovation riguarda la possibilità di stringere accordi con partner esterni.

Possono essere accordi inter-aziendali, per cui un’impresa delega a un’altra, di solito più piccola, la creazione di determinate innovazioni o la produzione di specifici manufatti. Può trattarsi di contratti di collaborazione stipulati tra company e  startup.

Multinazionali e imprese possono scegliere di avviare partnership e rapporti di collaborazione con università, centri di ricerca o gruppi di ricercatori.

Oppure una grande azienda può allearsi con un’altra grande azienda, che magari fino a quel momento era considerata una potenziale concorrente, per raggiungere scopi comuni. In questo caso si parla di co-innovazione, paradigma dell’innovazione in base al quale nuove idee e approcci provenienti da risorse interne ed esterne sono integrate in una piattaforma per generare nuovi valori e beni condivisi da tutti gli stakeholders, compresi i consumatori.

I vantaggi dell’Open Innovation 

Le opportunità e i vantaggi della messa in campo di strategie di Open Innovation model stanno nella “logica win-win” tra imprese e startup, si legge nel testo di Lorizzo.

“L’integrazione della capacità innovativa delle startup, combinata con la capacità delle grandi imprese di industrializzare e portare le innovazioni sul mercato, va a beneficio di entrambe le realtà in gioco”.

In sintesi, tra i vantaggi per le imprese che implementano concretamente il paradigma dell’Open Innovation secondo una o più modalità tra quelle sopra descritte, si sottolinea:

  • Riduzione del time to market. Ossia una maggiore apertura all’innovazione consente di avere accesso più rapido alle nuove tecnologie presenti nell’ecosistema di un determinato settore industriale. Questo abbreviando i tempi di sviluppo e commercializzazione di un’idea.
  • Nuove frontiere di guadagno. L’essere a conoscenza delle tecnologie innovative esterne alla propria realtà aziendale, consente all’impresa di valutare in anticipo, rispetto ai competitor, la validità di potenziali investimenti proficui.
  • Crescita economica. Dai dati risultanti dallo studio condotto da Accenture, le aziende impegnate in processi di Open Innovation hanno conseguito un tasso di crescita del fatturato maggiore. In Italia la collaborazione tra aziende e startup in ottica di OI si traduce in un’opportunità di crescita di 35 miliardi €, pari all’1,9% del Pil nazionale.
  • Condivisione di costi e rischi. La collaborazione con un’altra impresa comporta la divisione degli oneri e delle eventuali perdite, minimizzando il rischio di insuccesso.
  • Creazione di nuovo lavoro aggiunto. La co-creazione di innovazione consente un ampliamento delle reciproche conoscenze. Consente inoltre un aumento del livello di flessibilità delle organizzazioni interna, stimolando la creatività e la capacità di generare nuove idee.
  • Corporate reputation.La connessione con grandi realtà imprenditoriali, a seguito dell’applicazione delle strategie di OI, permette alle startup di ampliare le proprie competenze e capacità manageriali e di usufruire della visibilità e dell’esperienza di brand affermati per acquisire nuovi clienti e un’immediata credibilità.

L’Open Innovation dunque si configura come via nuova, aperta e dinamica.

Una via a disposizione di startup e aziende più o meno grandi per accrescere il proprio livello di competitività sul mercato.

Il boom Italiano nel 2020

Le previsioni 2020 degli Osservatori Digital Transformation Academy e Startup Intelligence vedono più investimenti delle aziende in trasformazione digitale e un vero boom delle attività di open innovation. Il +75% delle aziende ha progetti attivi e il 35% collabora con startup.

Nel 2020 il budget ICT aumenterà in media fra il 2,8% e il 2,9%, trainato dalle grandi imprese, che prevedono un incremento nel 45% dei casi.

Un Incremento concentrato soprattutto su tecnologie come Big Data Analytics, Cyber Security e sistemi ERP, mentre solo il 23% delle PMI destinerà più risorse, in particolare per sistemi ERP, CRM e Mobile Business.

Per gestire i processi di innovazione le imprese prevedono di aprirsi a nuove idee e a modelli organizzativi collaborativi, provenienti in particolare da startup, università-centri di ricerca, aziende non concorrenti.

Open Innovation e Innovation Manager

La figura dell’Innovation Manager sta iniziando ad entrare nelle aziende, con oltre il 30% delle grandi imprese che ha già creato un ruolo o una Direzione Innovazione.

Il MISE ha introdotto un albo dedicato a questa figura professionale e un voucher a fondo perduto per le PMI. Una misura importante, anche se i 75 milioni di euro complessivamente stanziati permetterebbero di sostenere non più di 2000 imprese.

Oggi ne è a conoscenza appena il 32% delle PMI e fra queste soltanto l’11% ha intenzione di usufruirne.

L’Innovation Manager è il profilo professionale al centro dell’attenzione. Questo anche grazie al recente decreto del MISE che ne definisce le caratteristiche e prevede un voucher a fondo perduto per consulenze.

Sta progressivamente entrando nelle grandi imprese, che in un caso su tre hanno già inserito un Innovation manager o una Direzione innovazione.

Ma nel 76% dei casi è presente da tre anni o meno, segno che per la maggior parte delle imprese si tratta di un profilo ancora nuovo e da scoprire.

Soltanto il 37% delle grandi aziende e il 32% delle PMI conoscono le misure contenute nel decreto del MiSE e appena l’11% delle PMI ha intenzione di approfittarne (il 2% lo sta valutando).

La maggioranza delle PMI non ha in programma di usufruire delle opportunità offerte dal decreto.

Le mansioni principali dell’Innovation manager sono:

  • valutare e selezionare nuove opportunità di innovazione di potenziali partner come startup e centri di ricerca;
  • gestire il portafoglio dei progetti di innovazione e il relativo budget;
  • favorire il cambiamento culturale, introdurre nuovi modelli organizzativi.
Le competenze più importanti secondo le aziende sono leadership, capacità di motivare, ispirare i collaboratori e poi “change management”, per superare la sindrome del “si è sempre fatto così”.

La principale difficoltà da superare è la scarsa propensione al cambiamento presente in molte aziende. La sua retribuzione oscilla tra 60.000 e 100.000 euro annui, con picchi oltre i 150.000 euro.

Gestire l’innovazione: la sfida delle competenze

Le principali sfide organizzative percepite dalle aziende per gestire l’innovazione digitale sono la ricerca-verifica-sviluppo di competenze digitali.

Questo insieme all’introduzione di nuove metodologie di lavoro (indicate entrambe dal 50% del campione). Le imprese cercano di superare queste sfide anche con nuovi modelli organizzativi.

Più di un’impresa su tre prevede team dedicati a ogni specifico progetto di innovazione digitale (36%), nel 9% dei casi ci sono “comitati interfunzionali” e un terzo delle imprese (33%) ha inserito un singolo ruolo dedicato o una Direzione innovazione.

La capacità di gestire l’innovazione è strettamente legata alla diffusione di un’attitudine imprenditoriale. Quasi sette grandi imprese su dieci si stanno attivando con stili di leadership indirizzati al change management da parte dei manager (43%), formazione (40%), percorsi di apprendimento per stimolare l’innovatività dei dipendenti (30%), contest e hackathon interni (26%) e attività con startup (10%).

Vuoi abbracciare anche tu questo processo fondamentale per la tua azienda per renderla sempre attiva ed al tempo stesso innovativa?

Ti piacerebbe avere nella tua azienda un Innovation Manager che possa guidarti in questo nuovo processo e al tempo stesso motivare ed ispirare i tuoi collaboratori in modo tale da avere anche un Team dinamico e sempre aggiornato?

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Essendo iscritto all’Albo degli Innovation Manager (MISE), sarò io a farti da consulente. Ti spiegherò come poterti supportare e come possiamo rendere la tua azienda, sempre innovativa ed in continua evoluzione.

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