Industria 4.0: quale impatto avrà sull’occupazione?

Industria 4.0: le aziende sono consapevoli di quanto sia importante essere competitivi nella quarta rivoluzione industriale?

Quelli maggiormente preoccupati sono i dipendenti: verranno sostituiti dai Robot? È certo che le conseguenze di una forte automatizzazione potrebbero essere molto pesanti.

Per questo un obiettivo importante sarà quello di cercare di non sostituire l’uomo con le macchine, bensì di riorganizzare i posti di lavoro.

Ridefinire le modalità di svolgimento delle prestazioni richieste ai dipendenti attraverso una opportuna interoperabilità delle skills.

Sul piano dell’impostazione contrattuale, sottende una sempre maggiore fluidità delle mansioni, una revisione degli inquadramenti e più elasticità sulle tematiche dell’orario.

Quale sarà l’impatto sull’occupazione dell’Industria 4.0?

Se lo è chiesto anche l’autorevole Pew Research, che ha girato la domanda a quasi duemila esperti, analisti e costruttori di prodotti tecnologici.

Persone che hanno partecipato all’inchiesta intitolata Future of the internet. I risultati, resi noti in da poco, concordano su tre punti:

1) i robot e l’intelligenza artificiale influenzeranno ogni aspetto della nostra vita nel 2025. La loro diffusione, in particolare, si farà sentire sul settore della salute, dei trasporti, della logistica, dei servizi ai consumatori e della manutenzione della casa;

2) la formazione scolastica e universitaria contemporanea non sono in grado di preparare adeguatamente le persone per le sfide del prossimo decennio. Sarebbe bene cominciare a fare qualcosa in proposito;

3) i cambiamenti all’orizzonte saranno un’occasione per rivalutare alcune competenze, ma anche per ripensare il nostro concetto di lavoro. In futuro ci sarà più spazio per modelli produttivi che daranno alle persone più tempo libero.

La tecnologia, dunque, ci libererà dalla fatica della quotidianità e il risultato sarà una relazione più positiva con il lavoro e con le persone.

L’utilizzo dei dati, la potenza di calcolo e la connettività, lo sviluppo dell’interazione tra uomo e macchina, il passaggio dal digitale al “reale”. Tutti cambiamenti destinati ad avere nel tempo un impatto significativo sui modi e le possibilità di produzione.

Grazie al Piano Nazionale Industria 4.0 in Italia si è finalmente attivato un circolo virtuoso.

Il Piano, presentato per prima volta nel 2016 e riconfermato con una serie di modifiche anche nella legge di Bilancio 2019, è riuscito ad accendere i riflettori sui temi dell’innovazione digitale.

Questo ci fa capire che non si tratta di un tema per addetti ai lavori, ma di una questione cruciale.

Una leva trasversale a ogni settore, fondamentale per la crescita dell’economia.

Industria 4.0: in questi anni le grandi aziende italiane hanno investito avviando importanti progetti.

Hanno sviluppato la trasformazione digitale del processo produttivo e distributivo (fino ai servizi post vendita e alla gestione del ciclo dei prodotti), rinnovando impianti e macchinari e introducendo tecnologie.

L’Industria 4.0 interessa tutti i settori, le diverse tipologie dimensionali di impresa e coinvolge aspetti di carattere tecnologico e organizzativo mutevoli.

Il Mise stima che circa la metà delle aziende oltre i 250 dipendenti e più di un terzo di quelle tra 50 e 250 dipendenti abbiano già adottato almeno una tecnologia 4.0.

Si scende invece al 24,4% se si guarda alle PMI (fino a 50 dipendenti), che rappresentano la stragrande maggioranza delle imprese italiane.

Anche nei propositi per il futuro la differenza fra grandi aziende e PMI rimane forte.

Il 10% delle imprese italiane prevede di introdurre almeno una tecnologia 4.0 nel prossimo triennio.

La percentuale però, sale al 35,1% tra quelle oltre i 250 dipendenti e crolla al 7,9% tra quelle entro i dieci.

Le PMI sono dunque indietro rispetto alle grandi aziende.

Se da un lato è normale che siano le grandi a indirizzare e trainare il mercato, dall’altro è importante che le PMI non rimangano troppo staccate.

Siamo giunti al momento di avviare una seconda fase dell’Industria 4.0. Una fase più inclusiva, alla portata di imprese di ogni dimensione.

È importante che le realtà più grandi inneschino l’effetto a catena, facendo da capo filiera e da modello di riferimento. È necessaria in questa fase la condivisione dei casi e delle esperienze di successo per favorire una abilitante crescita culturale delle PMI.

Solo una guida, da parte di tutti gli attori dell’ecosistema, riuscirà a diffondere con successo la consapevolezza sulle opportunità della quarta rivoluzione industriale.

Negli ultimi venti anni la quota di imprese che hanno accesso a tali infrastrutture è aumentata.

Se un lato, persistono ancora ampi divari tra le imprese, dall’altro sembrano esserci ampi guadagni potenziali di produttività associati,  soprattutto per le piccole imprese.

Questo porta ad un maggiore uso di tecnologie della comunicazione consentito da un miglioramento delle infrastrutture.

Bisogna anche mettere in evidenza le 221 categorie professionali al di sopra dei ventimila occupati.

Stiamo parlando di ben 27 professioni vincenti (con variazioni positive dell’occupazione, superiore alle 20mila unità, per un aumento complessivo di 1,6 milioni di occupati).

Tra le vincenti compaiono professioni come gli addetti all’assistenza delle persone, il personale addetto all’imballaggio e al magazzino.

A seguire Tecnici della produzione manifatturiera, analisti e i progettisti di software, specialisti nei rapporti con il mercato e nel marketing.

In particolare, quali sono gli elementi in grado di conferire valore alla rivoluzione 4.0?

In primo piano l’investimento in tecnologia, l’integrazione delle informazioni e il rinnovamento delle competenze. Gli incentivi hanno spinto molto il rinnovo del parco macchine, favorendo la sostituzione di impianti e macchinari obsoleti con altri nuovi e interconnessi, ed è un bene.

Ora però è necessario sviluppare le competenze tecnico-operative e la consapevolezza manageriale necessarie per sfruttare, anche a livello macroeconomico, l’enorme opportunità.

In troppi casi infatti le azioni sviluppate dalle imprese sono trainate dalla produzione e dalla Direzione IT, mentre la Direzione HR rimane ai margini del processo di cambiamento.

Innanzitutto è necessario che l’imprenditore e i vertici aziendali di una PMI conoscano e capiscano l’opportunità e devono coglierla al volo.

Devono essere convinti dell’urgenza di delineare una strategia per diventare una PMI 4.0, in modo da mettere a punto un percorso di trasformazione con progetti concreti e condivisi.

Occorre confrontarsi e informarsi, leggendo media generalisti e specializzati che trattano il tema da diverse angolazioni. È fitto il calendario di eventi dedicati al tema su tutto il territorio.

Si deve in sintesi vedere come hanno operato realtà simili alla propria e quali vantaggi (e difficoltà) hanno riscontrato.

Per un singolo di piccole dimensioni è troppo difficile far tutto da solo. La nascita di innovative forme di aggregazione può essere strumento utile per accelerare i tempi e facilitare il processo.

Gli imprenditori sono disorientati nell’affrontare questo cambiamento.

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Ad oggi, la vera anima del lavoro è la partecipazione collaborativa dei lavoratori e sarà la chiave di successo dell’impresa.

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